mercoledì 29 aprile 2015

Maggio è alle porte. In questo mese la memoria mi porta  inevitabilmente  a  raccontarvi di un antico piatto , molto simile a quello che la  maggior parte di voi conoscerà ,di certo, con il nome di Virtù.
Non vi parlerò di questo famosissimo caposaldo della cucina teramana, ma della ricetta tramandata in famiglia in  cui ,oltre agli ingredienti, nonna aggiungeva ricordi e racconti contadini.
Raccontava  che spesso, nei primi giorni di Maggio,  le scorte di cibo per l'inverno volgevano alla fine e così ci si nutriva con ciò che restava nell'orto ed in dispensa.  Per tradizione, nel giorno del primo Maggio si preparava una minestra con nove tipi di talli che lei chiamava " Lu Lessame " 
Questo era ritenuto un cibo quasi  propiziatorio , tanto   che  ne veniva dato un pò anche agli animali domestici  affinchè fossero preservati dalle punture di insetti " pi ni fà pizzicà da li ciampane...." 
A quei tempi in campagna, come in cucina, non si buttava via mai niente: della pianta si usavano tutte le parti  per sfruttare fino in fondo  ciò che ti donava la terra e i talli  altro non sono che  i germogli che restano dopo che la pianta è stata tagliata per il suo utilizzo .
Un tempo veniva portata al mercato dai contadini e regalata ai clienti  perchè  veniva vista  quasi  come uno scarto mentre oggi, oltre ad essere praticamente impossibili da trovare, vengono vendute a prezzi molto alti, tenendo anche conto che c'è un notevole scarto e che in cottura si riducono notevolmente..
Sono verdure molto delicate e raccontava che  venivano raccolte  il mattino presto perchè   altrimenti con il caldo  " s' ammusceven'"   rendendo più difficile la pulizia dei gambetti. Gli scarti della pulitura della verdura diventava, ovviamente,  cibo per gli animali di casa.....della serie " non si butta via niente! "


Nonna parlava dei talli dei broccoli, delle rape, delle zucchine, di cavolo, della cicoria, della scarola,dell'aglio, foglie di fave....

Ricordo che faceva due cotture: una  per i gambi, dopo  aver tolto loro  i filamenti,  ed una per le foglie che sono più tenere.
A queste verdure si aggiungevano dei legumi secchi, che erano stati messi in ammollo la sera prima,  cotiche, osso di prosciutto, piedini di maiale, pancetta.
E' un piatto lungo da preparare poichè tutti gli ingredienti vanno cucinati separatamente: i legumi vanno lessati per circa due ore (separatamente) e solo dopo vanno riuniti in un'unica pentola; i vari pezzi di carne vanno cucinati in acqua bollente  e poi dissossati e ributtati i pezzetti nel loro brodo. A questo si uniscono  i talli ed i legumi preparati in precedenza e si prosegue la cottura. Intanto si prepara un soffritto con cipolla , lardo,  un pò di pancetta e diversi odori come mentuccia, finocchio selvatico, prezzemolo, timo salvia. Infine questo soffritto viene aggiunto al brodo di carne e verdure.
La ricetta di Nonna non prevedeva l'aggiunta di pasta ma fette di pane abbrustolito  che veniva messo sul fondo del piatto e ricoperto da questa deliziosa minestra.

Avendo le materie prime adatte, mi piacerebbe moltissimo prepararlo di nuovo. Quindi, chi ha un orto si faccia avanti !
Ultimo ricordo legato all'argomento...Quando nonna Mangiava le prime fave , l'avvolgeva sempre una certa allegria poichè diceva che stava ad indicare  che era finito il periodo di ristrettezze alimentari e che ricominciava un nuovo ciclo di abbondanza.
Le fave ,quindi , per lei rappresentavano il  passaggio da una condizione ad un'altra e questa cosa, come in tante altre che lei diceva, mi  ha sempre mostrato quanta  cultura ci fosse dietro  la saggezza contadina.
Infatti   spesso ritrovavo i suoi semplici insegnamenti   nei miei testi del Liceo ed in uno dei cassetti della mia memoria riaffiorava  il ricordo in cui si parlava delle feste dedicate alla dea Flora, al tempo dei romani, e le fave erano presenti nelle celebrazioni di questa divinità, protettrice della natura che germoglia...

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