Non vi parlerò di questo famosissimo caposaldo della cucina teramana, ma della ricetta tramandata in famiglia in cui ,oltre agli ingredienti, nonna aggiungeva ricordi e racconti contadini.
Raccontava che spesso, nei primi giorni di Maggio, le scorte di cibo per l'inverno volgevano alla fine e così ci si nutriva con ciò che restava nell'orto ed in dispensa. Per tradizione, nel giorno del primo Maggio si preparava una minestra con nove tipi di talli che lei chiamava " Lu Lessame "
Questo era ritenuto un cibo quasi propiziatorio , tanto che ne veniva dato un pò anche agli animali domestici affinchè fossero preservati dalle punture di insetti " pi ni fà pizzicà da li ciampane...."
A quei tempi in campagna, come in cucina, non si buttava via mai niente: della pianta si usavano tutte le parti per sfruttare fino in fondo ciò che ti donava la terra e i talli altro non sono che i germogli che restano dopo che la pianta è stata tagliata per il suo utilizzo .
Un tempo veniva portata al mercato dai contadini e regalata ai clienti perchè veniva vista quasi come uno scarto mentre oggi, oltre ad essere praticamente impossibili da trovare, vengono vendute a prezzi molto alti, tenendo anche conto che c'è un notevole scarto e che in cottura si riducono notevolmente..
Sono verdure molto delicate e raccontava che venivano raccolte il mattino presto
perchè altrimenti con il caldo " s' ammusceven'" rendendo più difficile la pulizia dei gambetti. Gli scarti della pulitura della verdura diventava, ovviamente,
cibo per gli animali di casa.....della serie " non si butta via niente! "
Nonna parlava dei talli dei broccoli, delle rape, delle zucchine, di cavolo, della cicoria, della scarola,dell'aglio, foglie di fave....
Ricordo che faceva due cotture: una per i gambi, dopo aver tolto loro i filamenti, ed una per le foglie che sono più tenere.
A queste verdure si aggiungevano dei legumi secchi, che erano stati messi in ammollo la sera prima, cotiche, osso di prosciutto, piedini di maiale, pancetta.
E' un piatto lungo da preparare poichè tutti gli ingredienti vanno cucinati separatamente: i legumi vanno lessati per circa due ore (separatamente) e solo dopo vanno riuniti in un'unica pentola; i vari pezzi di carne vanno cucinati in acqua bollente e poi dissossati e ributtati i pezzetti nel loro brodo. A questo si uniscono i talli ed i legumi preparati in precedenza e si prosegue la cottura. Intanto si prepara un soffritto con cipolla , lardo, un pò di pancetta e diversi odori come mentuccia, finocchio selvatico, prezzemolo, timo salvia. Infine questo soffritto viene aggiunto al brodo di carne e verdure.
La ricetta di Nonna non prevedeva l'aggiunta di pasta ma fette di pane abbrustolito che veniva messo sul fondo del piatto e ricoperto da questa deliziosa minestra.
Avendo le materie prime adatte, mi piacerebbe moltissimo prepararlo di nuovo. Quindi, chi ha un orto si faccia avanti !
Ultimo ricordo legato all'argomento...Quando nonna Mangiava le prime fave , l'avvolgeva sempre una certa allegria poichè diceva che stava ad indicare che era finito il periodo di ristrettezze alimentari e che ricominciava un nuovo ciclo di abbondanza.
Le fave ,quindi , per lei rappresentavano il passaggio da una condizione ad un'altra e questa cosa, come in tante altre che lei diceva, mi ha sempre mostrato quanta cultura ci fosse dietro la saggezza contadina.
Infatti spesso ritrovavo i suoi semplici insegnamenti nei miei testi del Liceo ed in uno dei cassetti della mia memoria riaffiorava il ricordo in cui si parlava delle feste dedicate alla dea Flora, al tempo dei romani, e le fave erano presenti nelle celebrazioni di questa divinità, protettrice della natura che germoglia...
Nonna parlava dei talli dei broccoli, delle rape, delle zucchine, di cavolo, della cicoria, della scarola,dell'aglio, foglie di fave....
Ricordo che faceva due cotture: una per i gambi, dopo aver tolto loro i filamenti, ed una per le foglie che sono più tenere.
A queste verdure si aggiungevano dei legumi secchi, che erano stati messi in ammollo la sera prima, cotiche, osso di prosciutto, piedini di maiale, pancetta.
E' un piatto lungo da preparare poichè tutti gli ingredienti vanno cucinati separatamente: i legumi vanno lessati per circa due ore (separatamente) e solo dopo vanno riuniti in un'unica pentola; i vari pezzi di carne vanno cucinati in acqua bollente e poi dissossati e ributtati i pezzetti nel loro brodo. A questo si uniscono i talli ed i legumi preparati in precedenza e si prosegue la cottura. Intanto si prepara un soffritto con cipolla , lardo, un pò di pancetta e diversi odori come mentuccia, finocchio selvatico, prezzemolo, timo salvia. Infine questo soffritto viene aggiunto al brodo di carne e verdure.
La ricetta di Nonna non prevedeva l'aggiunta di pasta ma fette di pane abbrustolito che veniva messo sul fondo del piatto e ricoperto da questa deliziosa minestra.
Avendo le materie prime adatte, mi piacerebbe moltissimo prepararlo di nuovo. Quindi, chi ha un orto si faccia avanti !
Ultimo ricordo legato all'argomento...Quando nonna Mangiava le prime fave , l'avvolgeva sempre una certa allegria poichè diceva che stava ad indicare che era finito il periodo di ristrettezze alimentari e che ricominciava un nuovo ciclo di abbondanza.
Le fave ,quindi , per lei rappresentavano il passaggio da una condizione ad un'altra e questa cosa, come in tante altre che lei diceva, mi ha sempre mostrato quanta cultura ci fosse dietro la saggezza contadina.
Infatti spesso ritrovavo i suoi semplici insegnamenti nei miei testi del Liceo ed in uno dei cassetti della mia memoria riaffiorava il ricordo in cui si parlava delle feste dedicate alla dea Flora, al tempo dei romani, e le fave erano presenti nelle celebrazioni di questa divinità, protettrice della natura che germoglia...
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